Il pendolo si muove lungo il suo piano d’oscillazione che è sempre lo stesso, nonostante il trascorrere del tempo. Il disegno lasciato sulla sabbia non è prodotto da una rotazione del pendolo, ma da quella della Terra che gli gira sotto!
Il pendolo è agganciato a un giunto che gli permette di muoversi liberamente e di mantenere il suo piano di oscillazione indipendente dalla rotazione della Terra. Il tempo impiegato a completare un giro facendo sì che il pendolo torni sulla prima traccia dipende dalla latitudine. A livello intuitivo questo si spiega pensando che, mentre la Terra ruota, il pendolo rimane sempre verticale perché attirato per gravità verso il centro del pianeta. Di conseguenza il terreno sotto il pendolo in parte ruota e in parte è trascinato dal moto terrestre; più si va verso i poli e più prevale la componente di rotazione, più si va verso l'equatore più prevale la componente del trascinamento. Così, alla nostra latitudine, questo tempo risulta essere di 36 ore, al polo nord e al polo sud è di 24 ore, all’equatore invece il pendolo oscilla sempre sulla stessa traccia.
Con il passare del tempo, le oscillazioni del pendolo diminuiscono di ampiezza a causa dell'attrito con la sabbia.
Le vibrazioni di un terremoto sono assestamenti improvvisi della crosta terrestre che possono variare notevolmente in intensità.
La crosta terrestre non è un unico pezzo di roccia, ma è frazionata in tante placche che risultano in movimento tra loro. Quasi tutti i terremoti sono concentrati lungo le faglie, ovvero le fratture tra placche confinanti che sfregano le une rispetto alle altre.
A partire dal punto in cui si libera l'energia, detto ipocentro, si creano una serie di onde elastiche che si propagano in tutte le direzioni dando vita al fenomeno osservato in superficie. Il luogo della superficie terrestre posto sulla verticale dell'ipocentro si chiama epicentro.
Oggi si usano due scale di intensità che si basano sulla determinazione degli effetti dei terremoti:
- MAGNITUDO RICHTER O LOCALE (MI), che è determinata direttamente dall’ampiezza di un sismogramma registrato da un sismografo standard; è una misura della grandezza relativa tra terremoti e non una stima della reale grandezza dei terremoti. Richter considerò che ogni aumento di ampiezza di 10 volte delle onde sismiche di frequenza pari a circa 1 Hz, equivaleva un aumento di un grado di magnitudo (quindi i decimali sono importanti!!)
- MAGNITUDO MOMENTO (MW), introdotta circa 40 anni fa, derivata dal parametro sismologico momento sismico che equivale al prodotto tra area di faglia, dislocazione e la resistenza delle rocce. Questo dato rappresenta la migliore stima della grandezza del terremoto. Ma per ottenere questo dato ci vuole un po' più di tempo perché va calcolato dalla parte a bassa frequenza (minore di 1Hz) del sismogramma.
Ora, soprattutto per i terremoti più forti i due dati possono essere anche molto diversi. Perché l'ampiezza delle onde sismiche al di sotto di 1Hz per forti terremoti è maggiore dell'ampiezza delle onde sismiche a 1Hz dove viene calcolata la scala Richter. Tutto questo è legato alla natura della sorgente sismica. Nei forti terremoti l'ampiezza delle onde sismiche a 1Hz non aumenta linearmente.
Curiosità: non sappiamo qual è l'intensità dei “terremoti” prodotti dal simulatore sismico. Al pubblico si può dire che ogni simulazione è diversa e che i terremoti hanno una magnitudine intermedia.
Lo tsunami è un moto ondoso anomalo del mare, originato da uno spostamento improvviso di una grande massa d'acqua. Tra le cause si annoverano terremoti, eruzioni vulcaniche e frane sui fondali oceanici.
A differenza delle correnti d'aria che smuovono solo la parte superiore della superficie marina causando onde di piccola intensità, nello tsunami viene interessata tutta la colonna d'acqua dal fondale fino alla superficie.
Di solito l'onda di un maremoto rimane poco intensa e poco visibile in mare aperto e concentra la sua forza in prossimità della costa quando l'abbassamento del fondale provoca il sollevamento dell'onda prima che si riversi nell'entroterra.
Grazie alla mappa interattiva è possibile comprendere alcune caratteristiche della morfologia della superficie terrestre, ovvero le forme che costituiscono il rilievo del territorio: monti, colline, vallate, specchi d'acqua.
In particolare, è possibile visualizzare le curve di livello, cioè quelle linee che uniscono i punti con uguale quota; prendendo come piano di riferimento a quota zero il livello del mare, le curve di livello vengono chiamate isoipse. Le isoipse sono particolarmente utili perché consentono di rappresentare le tre dimensioni su un foglio bidimensionale e infatti sono comunemente usate nelle cartine del territorio.